Nativi Digitali

L’aumento esponenziale e la velocità con cui negli ultimi anni si sono sviluppati gli
strumenti di cui oggi siamo circondati – smartphone, tablet, ecc. – ha prodotto un gap
generazionale, ovvero un’enorme distanza tra due generazioni: quella dei bambini e quella
degli adulti di questa epoca, che si presentano come due classi culturalmente
profondamente diverse per quanto riguarda la reazione ai nuovi media nella vita
quotidiana.

credits_ crescita-personale.it.

I bambini di oggi crescono conoscendo fin dai loro primi passi nella vita oggetti come il computer, il tablet e gli smartphone, al punto di essere chiamati nativi digitali; nascono e vivono in simbiosi con le nuove tecnologie. La familiarità dei bambini con una tale varietà di “schermi interattivi” ha plasmato il loro modo di apprendere, di
conoscere e di comunicare.
I videogiochi, ad esempio, se utilizzati in modo consapevole, possono migliorare le abilità spazio-visuali e la capacità di porre attenzione a più segnali contemporaneamente. Anche le abilità multitasking e di conoscenza mediante esplorazione e scoperta sono potenziate nei nativi digitali. Già dai primi mesi di vita, i bambini trascorrono molto tempo interagendo con strumenti interattivi che, grazie alla plasticità neuronale, modificano il loro cervello predisponendolo ad un utilizzo più intuitivo e spontaneo.

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Inoltre, diversi studi testimoniano la comparsa di una nuova intelligenza dovuta all’utilizzo precoce di tecnologie e nuovi media: l’intelligenza digitale. I nativi digitali, avendo imparato ad interagire e ad utilizzare internet e i nuovi media praticamente da sempre, avrebbero sviluppato una forma di intelligenza digitale peculiare che li vedrebbe in netto vantaggio rispetto agli internauti di prima generazione che hanno dovuto imparare ad utilizzare internet da adulti.
Quella digitale è infatti una forma di intelligenza che, se messi a confronto coi media digitali fin da piccoli, si sviluppa fin dalla primissima infanzia poiché è una forma di intelligenza prettamente pragmatica, basata su scelte immediate, spaziali e fondamentalmente binarie.
Tali facoltà, proprio perché pragmatiche, possono svilupparsi fin dalla primissima infanzia, perché non necessitano di intelligenza di tipo astratto o di capacità simbolico-
rappresentative più mature.
Per questo motivo i bambini se esposti all’utilizzo di internet su supporti multimediali fin da piccolissimi imparano ad utilizzarli con una competenza e una naturalezza anche maggiori di quelle di un adulto.

In generale, le Nuove Tecnologie stanno dando vita a modi innovativi di pensare, vedere e costruire la realtà che ci circonda.
Da un’indagine condotta da Telefono Azzurro e Doxa (2014), realizzata con più di 1500
ragazzi di tutta Italia (48% ragazze, 52% ragazzi) tra gli 11 ed i 18 anni, emerge che la
quasi totalità del campione (89,7%) possiede uno smartphone con accesso ad Internet, da
dove: ascoltano musica o radio (61%), guardano video (60,2%), fanno ricerche per la
scuola o i compiti (58,3%), curiosano nel web (57,3%) fanno acquisti (22%).
I ragazzi sono fruitori attivi della rete, dimostrano di conoscerla e di saperla utilizzare con dimestichezza. Ciò che è prioritario, però, è il rimanere in contatto: internet nella vita dei ragazzi è soprattutto social media.
L’89,8% utilizza WhatsApp per rimanere connesso con gli amici: più di 1 su 2 manga più di50 messaggi al giorno.

credits_ AdoleScienza.it
Il social media più diffuso rimane comunque Facebook, utilizzato dall'82,3% degli intervistati. Il 73,6% dei ragazzi vi accede direttamente dal cellulare, ed il 22,2% è costantemente connesso.
Ma cosa succederebbe se non potessero connettersi? Più della metà degli adolescenti
avrebbe paura di non venire a sapere le cose (33,8%) o di perersi le news del mondo
(25,4%).
Dott. Eros Vallenari

Riferimenti:
Battro, A., Denham P. J., 2007, Hacia un inteligentia digital, Buenos Aires: Academia
Nacional de Educación, 2007)
http://www.crescita-personale.it/psicologia- e-media/3161/intelligenza- nativi-digitali/4566/a
http://www.azzurro.it/it/informazioni-e- consigli/consigli/bambini-e- media/chi-sono- i-nativi-
digitali
http://cyberpsychology.docmind.org/?p=59

Selfite: moda o malattia mentale?

Nel 2014 sul sito Adobo Chronicles si è diffuso un articolo riguardante la selfite, affermando che vengono definite affette da questa malattia quelle persone che hanno un desiderio ossessivo compulsivo di fotografarsi e pubblicare la propria foto sui social media. In questa notizia ci si è spinti fino a definire 3 diversi livelli di selfite:

  1. Borderline: fotografarsi almeno 3 volte al giorno senza postarle sui social media                                     Foto credits: earthprom.com
  2. Acuta: fotografarsi almeno 3 volte al giorno e postare ciascuna foto sui social media
  3. Cronica: urgenza incontrollabile e costante di fotografarsi e postare le foto sui social media per più di 6 volte al giorno

earthporm.com

Foto credits: earthprom.com

L’APA, l’Associazione Psichiatrica Americana, non contempla questa presunta “malattia” tra l’elenco delle malattie mentali riconosciute nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali versione V, DSM V (American Psychiatric Association). Ma perché questo argomento ha interessato talmente tanto studiosi e non da parlarne in numerosi articoli?

Partiamo innanzitutto dal concetto stesso di malattia mentale. L’APA, definisce nel DSM V, una malattia mentale come caratterizzata da disturbi clinicamente significativi in diverse aree come: cognizione, regolazione emotiva e comportamento. Questi problemi, inoltre, sono pervasivi, ossia si riflettono su più livelli di funzionamento. Infatti un atteggiamento si definisce espressione di una malattia mentale, se comporta disturbi significativi, fino al quasi mancato funzionamento, in più aree importanti della propria vita: ad esempio nel lavoro, a scuola, quando ci si pone in relazione con gli altri. Perciò, avere un periodo negativo e di ritiro sociale a seguito della morte di una persona cara è definito un atteggiamento normale. Al contrario, dedicarsi ad una attività in modo intensivo, come ad esempio usare i video giochi, diventa patologico se arriviamo al punto che, ad esempio non mangiamo, non ci curiamo più del nostro igiene e non abbiamo più alcuna relazione sociale.

Il disturbo ossessivo-compulsivo (DSM-V), a cui fa riferimento Adobo Chronicles, è una malattia mentale caratterizzata da:

  • ossessioni, pensieri o immagini ricorrenti e persistenti sentiti come intrusivi e non desiderati
  • compulsioni, comportamenti ripetitivi che la persona si sente obbligata a fare per diminuire l’ansia conseguente una particolare ossessione.

Un esempio è l’ossessione di contrarre una malattia, il comportamento compulsivo conseguente può essere quello di lavarsi le mani ripetutamente per la paura dei germi. Queste persone si possono lavare la mani talmente tante volte nel corso di una giornata da irritarsi la pelle. Ma soprattutto, è definita una malattia mentale perché questi pensieri e i successivi comportamenti coinvolgono talmente tanto la persona da rendergli impossibile una vita sociale e lavorativa.

Tra le diverse ossessioni, un paziente in particolare potrebbe certamente instaurare un pensiero costante che potrebbe sfociare in un comportamento ripetitivo per cercare di ottenere il selfie perfetto. Queste sono caratteristiche del disturbo ossessivo-compulsivo, ma la selfite non si può definire malattia mentale per sé stessa fino a che non provata scientificamente e inserita ufficialmente dagli esperti tra le malattie.

Dato che è potenzialmente plausibile in futuro che tale comportamento diventi patologico, da questa “fake news”, si sono mossi recentemente degli studiosi, in particolare in India, prima nazione al mondo per uso di Facebook (Simon, 2017) e per morti legate ai selfie (Lamba et al, 2016).

Lo studio di Balkrishnana e Griffiths pubblicato nel Novembre 2017, utilizza un focus group di studenti universitari che rispondono a una serie di domande sui selfie. L’obiettivo era di costruire una scala (Selfities Behavior Scale, SBS) dividendo gli intervistati nelle 3 categorie prima citate: Borderline, Acuta, Cronica. A seguito di test statistici, sono stati identificati 6 componenti che caratterizzano la Selfite:

  1. Postare selfie di un determinato luogo aiuta a formarsi ricordi migliori
  2. Sana competizione sociale con gli altri
  3. Ricerca di attenzioni
  4. Miglioramento dell’umore dopo aver postato un proprio selfie
  5. Aumento della propria autostima, postare i nostri selfie può avvicinarci maggiormente al nostro IO ideale
  6. Spinta personale a conformarsi con gli altri componenti del nostro gruppo di riferimento (per età, genere e livello sociale)

enkiquotes.com

Foto credits: enkiquotes.com

I risultati hanno mostrato che questa scala sembrerebbe un valido strumento per misurare la selfite, ma ovviamente occorrono ancora altri studi per poterlo confermare. Questa ricerca rappresenta, comunque, uno spunto sul quale sicuramente partire per approfondire il discorso.

Concludendo, ciò che è socialmente e culturalmente accettabile in una data società è in continua evoluzione, questo ha conseguenze anche sulle malattie mentali. Un esempio è la dipendenza dal gioco d’azzardo che ora è contemplata nel DSM-V nel capitolo dedicato alle dipendenze da sostanze. Quindi, non è escluso che in futuro subentrino nuove malattie quali ad esempio la selfite. Certo è che al momento dobbiamo già preoccuparci di questo fenomeno denominato selfite, perchè ogni anno nel mondo, circa 170 persone muoiono nel tentativo di scattarsi selfie estremi (tgcom24).

Dott.ssa Verena Fracasso

 

Bibliografia
VV. (2013). DSM-5 Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, American Psychiatric Association, Raffaello Cortina Editore.
Balkrishnan, J., Griffiths, M. D. (2017). An exploratory study of “selfitis” and the development of the selfitis behavior scale. International Journal of Mental Health and Addiction.
Lamba, H., Bharadhwaj, V., Vachher, M., Agarwal, D., Arora, M., & Kumaraguru, P., (2016). Me, myself and my killfie: characterizing and preventing selfie deaths. ArVix e-prints.
Simon, K. (2017). India overtake USA to become Facebook’s  #1 country. Thenextweb.com.
Vincent, J. (2014). American Psychiatric Association makes it official: “selfie” a mental disorder. Adobo Chronicles.
Sitografia
https://adobochronicles.com
http://www.tgcom24.mediaset.it