COME SI COMUNICA LA DISABILITA’

Nello sviluppo delle problematiche legate al fenomeno della comunicazione si possono evidenziare due cause scatenanti:

  • Problemi di uno degli interlocutori;
  • Inibizione psicologica nella comunicazione.

Per ovviare a questi problemi e con l’intento di definire delle linee guida per la comunicazione con persone affette da una disabilità, il governo californiano ha redatto e pubblicato “How do I comunicate with people with disability? (Ten commandments)”. In questo documento vengono descritte 10 regole fondamentali per una comunicazione efficace, che in questa sede sintetizzeremo:

  1. Parlare in modo diretto;
  2. Presentarsi al proprio interlocutore in modo adeguato ed adattandosi alla sua disabilità;
  3. Essere sempre disponibili ad integrare la comunicazione con elementi d’aiuto;
  4. Se offrite assistenza, aspettate sempre che la vostra offerta sia accettata e aspettate istruzione su come aiutare;
  5. Trattate qualunque persona affetta da disabilità come trattereste chiunque altro;
  6. I dispositivi di cui si servono persone diversamente abili sono prolungamenti della loro persona, rispettateli;
  7. Ascoltate attivamente e facilitate la comunicazione con domande semplici a cui corrispondono risposte semplici;
  8. Ponetevi sullo stesso livello ed alla stessa altezza di chi vi sta parlando;
  9. Parlate chiaramente, lentamente e in modo espressivo con chi porta disabilità nell’udito;
  10. Non essere imbarazzati mentre si comunica.

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Credits: Superando.it

Pensiamo possa essere esplicativo analizzare un esempio di comunicazione in situazioni di interazione con persone affette da qualche disabilità.

Ho deciso di portare un esempio riguardante le “learning disabilities” o disabilità d’apprendimento. Partendo dal presupposto che la comunicazione è fondamentale poiché è l’unico modo in cui esprimiamo noi stessi, dobbiamo capire che, per comunicare efficacemente con chi è affetto da difficoltà d’apprendimento, spesso si deve cambiare la propria idea di cosa sia la comunicazione. Il modo migliore per comunicare con chi ha delle difficoltà di questo tipo è con un’interazione faccia a faccia, infatti l’efficacia della comunicazione è veicolata per il 55% dal linguaggio del corpo, 38% dalla voce e 7% dalle parole usate.

Pensate di avere delle parole nella vostra mente, di cercare di esprimerle nel modo migliore possibile e di non riuscire a produrre quello che vorreste. Immaginate di non essere in grado di leggere un contenuto, di non poter raccontare qualcosa, di non riuscire a trovare le parole che vorreste usare, o di non capire parole, frasi ed espressioni. Questo potrebbe farvi sentire inadeguati alla comunicazione. Però, la comunicazione è comunque alla portata di tutti. Tutti possono comunicare anche se alcuni lo fanno in modo diverso. Per questa ragione anche le persone con disabilità nell’apprendimento possono imparare qualunque cosa con l’adeguato supporto, fino a quando saranno supportati a loro volta in modo comprensibile. Alcuni sondaggi dimostrano come le persone con disabilità dell’apprendimento trovano beneficio se alcune regole sono seguite, ad esempio: trovare un buon posto per comunicare, fare domande aperte, controllare se l’interlocutore ha capito intenzioni e contenuti del discorso e usare gesti ed espressioni facciali.

Nella vita di tutti i giorni questi potrebbero essere dei buoni consigli per una comunicazione efficace ma, anche nella comunicazione tra medico e paziente bisogna essere cauti sia per una comunicazione efficace con un paziente affetto da disabilità, sia per comunicare ai familiari di un paziente.

Le persone la cui disabilità affligge direttamente le abilità nella parola e nell’udito sono maggiormente soggette a problematiche nella comunicazione e le barriere appaiono chiare ma, anche nelle patologie in cui la sintomatologia comunicativa è meno chiara è opportuno verificare che la comunicazione avvenga in modo corretto. In America “The American Disabilities Act” (ADA) prevede che i medici e gli altri datori di cure provvedano ad assicurare una corretta comunicazione con pazienti disabili. Questi obblighi prevedono anche l’utilizzo di ausili esterni come un interprete del linguaggio dei segni, materiale brailles, documento con linguaggio semplificato, etc.. , i quali possono essere una possibile soluzione al problema. In ogni caso il vero obbiettivo dovrebbe essere quello di trattare le persone con disabilità come ogni altro paziente rispettando per tanto la loro disabilità e i bisogni che essa comporta.

Stabilire un rapporto
  • Parlare in modo diretto con il             paziente
  • Non parlare ad un adulto come se fosse un bambino
Usare un linguaggio appropriato
  • Usare un linguaggio concreto
  • Evitare momenti di silenzio
Ascoltare
  • Ascoltare quello dice il paziente
  • Dare sufficiente tempo per esprimersi
Spiegare chiaramente
  • Spiegare sempre quello che sta per accadere
  • Dimostrare cosa si andrà a fare e perchè
Comunicare senza parole
  • Utilizzare aiuti visivi
  • Agire o dimostrare

Tab 1: Come un medico dovrebbe rivolgersi ad un paziente disabile: consigli utili.

 

Nel comunicare con i parenti dei pazienti si dovrebbe tenere in conto il contesto di vita quotidiana. Ogni paziente potrebbe comportarsi in modo diverso nel contesto familiare, per tanto potrebbe essere utile parlare apertamente con i parenti e condividere le esperienze reciprocamente. Bisogna essere disposti ad accettare eventuali malumori negli interlocutori: non è facile metabolizzare le difficoltà che dovranno affrontare e prepararsi a fronteggiare la preoccupazione per un caro. Cercare di far capire che ogni azione è per il bene del paziente potrebbe aiutare a migliorare la situazione. La più importante regola è però calibrare la comunicazione in base a chi si ha di fronte e al background culturale degli interlocutori.

DA FARE SEMPRE
Parlare con regolarità Parlare regolarmente con i famiiari e non solo in occasioni di consulto. Cercare di fornire le conoscenze ed i materiali perché anche i familiari siano partecipi.
Condividere le risorse Per monitorare la condizione con regolarità
Applicare tutte le capacità d’ascolto Ascoltare attentamente, ricapitolare i punti salienti della conversazione, considerare i sentimenti degli interlocutori

 

QUANDO CI SONO ELEMENTI DA CONDIVIDERE
Sottolineare i punti di forza Far conoscere anche i punti di forza e non solo quelli di debolezza del paziente
Siate sicuri di essere ben preparati Impiegate tempo per costruire un sano rapporto, citate sempre le basi scientifiche delle vostre deduzioni
Incoraggiate i parenti a condividere ogni dettaglio Ricordate ai famigliari l’importanza di agire precocemente su ogni segnale

Tab 2: Come parlare con i parenti dei pazienti: consigli utili.

Quanto detto in questo articolo per alcuni potrebbe sembrare scontato nella teoria di ogni giorno, bisogna però ricordare che la teoria andrebbe trasformata in pratica e che anche le piccole cose che si danno per scontate possono cambiare l’esito della comunicazione.

 

Dott.ssa Ilenia Levorato

 

Bibliografia
Mencap (2016). Communicating with people with a learnong disabilities.
Program Development Associates (2016). How do I communicate with people with disabilities.
Sitografia
 www. Cdc.gov/ActEarly

LA DISABILITA’, LO SPORT E I SUOI BENEFICI

Lo sport riveste un ruolo importante nello sviluppo fisico e sociale della persona. Consente di approfondire la conoscenza del proprio corpo, delle sue risorse e potenzialità, ma anche dei suoi limiti, oltre che sviluppare una maggiore capacità di orientamento nello spazio.

Tutto questo vale in modo particolare per lo sport per le persone con disabilità.

In caso di disabilità fisica si assiste ad una compromissione del piano corporeo/motorio e, conseguentemente, di quello emotivo, invece nel caso della disabilità mentale la com-promissione investe anche il piano cognitivo. Ciò comporta una grande difficoltà, a se-conda del grado di disabilità, rispetto alla capacità di percepire e pensare di se stessi e de-gli altri; elaborare i propri ed altrui stati emotivi; saper contenere i propri stati emotivi; co-municare con il mondo esterno; essere attenti; saper apprendere e memorizzare; essere motivati.

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Credits: zeus.aegee.org

Per un disabile la pratica regolare dell’attività sportiva riveste i seguenti vantaggi: miglio-rare le qualità fisiche, potenziare gli aspetti cognitivi e psichici e sviluppare competenze socio-relazionali.

I BENEFICI FISICI Svolgere un’attività motoria induce l’organismo alla produzione di endor-fine, sostanze chimiche che hanno effetti positivi sull’umore generale dell’uomo e sulla re-golazione del sonno. La persona che pratica uno sport, quindi, vedrà diminuire l’ansia, lo stress e il nervosismo, e aumentare il benessere emotivo generale. La pratica sportiva (ago-nistica o non) aiuta le persone con disabilità a sviluppare maggiore equilibrio, utile nella deambulazione, e a potenziare il tono muscolare consentendo loro di maneggiare più facil-mente gli ausili. Attraverso il movimento, inoltre, i soggetti disabili migliorano la loro resi-stenza, la loro velocità e la loro forza, favoriscono la diminuzione della frequenza cardiaca e otti-mizzano il ritmo respiratorio. Un atleta disabile sarà quindi in grado di muoversi correttamente nello spazio, acquisendo e incrementando le abi-lità di organizzazione spazio-temporali e raggiun-gerà un ottimo livello di autonomia motoria volon-taria.

“Lo sport ha il potere di cambiare il mondo, ha il potere di suscitare emozioni; ha il potere di risvegliare la speranza dove prima c’era solo disperazione” 

(Nelson Mandela)

I BENEFICI PSICHICI. Lo sport produce effetti decisamente positivi e importanti anche a livello psicologico. L’attività motoria permette all’atleta con deficit di acquisire maggiore sicurezza verso le cose che fa e verso se stesso, contribuendo a ripristinare la fiducia nelle sue potenzialità. Inoltre l’atleta è in grado di sperimentare le proprie capacità e le proprie doti, le proprie possibilità e i propri limiti, acquisendo così una maggiore conoscenza di sé. Attraverso una gara o una partita il soggetto con handicap impara a reagire alla fatica oltrepassando e sfidando i propri limiti, cercando di non arrendersi alle prime difficoltà e di uscirne più forte di prima.

Quando si parla dei benefici dello sport sulle condizioni psicologiche non si può trascurare l’effetto che ha nello stato di tensione interiore. Lo sport rappresenta un’occasione di scarico

di tensioni e di aggressività che, se non rilasciate, potrebbero indurre il soggetto a reazioni violente e improvvise nei confronti di cose o persone.

L’attività sportiva rappresenta, inoltre, specialmente per le persone con disabilità mentale, una nuova esperienza da affrontare da sole, senza l’aiuto dei genitori, da cui solitamente dipendono. Attraverso questa esperienza imparano progressivamente a prendersi cura di se stesse sviluppando una serie di autonomie e indipendenze che saranno utili nella vita di tutti i giorni, come farsi la doccia, vestirsi, allacciarsi le scarpe, ricordare i giorni e gli orari di allenamento. Da non trascurare vi è poi anche l’effetto positivo che la pratica sportiva pro-duce sulla stimolazione dell’intelletto e della creatività. Infine, praticare uno sport influisce in modo positivo sulla capacità del soggetto di cambiare e adattarsi a nuove situazioni o a nuove esigenze esterne indipendenti da lui, imparando ad accettare ogni circostanza nel giusto modo e riuscendo a “mantenere la fermezza nei propositi”.

I BENEFICI SOCIO-RELAZIONALI La pratica sportiva è molto importante per le persone con disabilità, perché permette loro l’inserimento o il reinserimento in un contesto sociale. All’interno del mondo sportivo le interazioni che si instaurano sono, infatti, molteplici e di diverso tipo; per esempio, si entra in contatto con l’allenatore, con i compagni, nel caso degli sport di squadra, e con gli avversari. Questo complesso panorama di connessioni consente al soggetto di sperimentare una vasta gamma di sentimenti ed emozioni, di gestire eventuali conflitti relazionali e di imparare ad adattare la relazione alle persone con cui interagisce. Nei rapporti interpersonali al sog-getto vengono riconosciuti degli scopi e uno specifico ruolo, po-tenziando così il processo di co-struzione della sua identità per-sonale.

Tra i benefici di tipo socio-relazio-nale che la pratica sportiva pro-duce, uno dei più importanti è co-stituito dall’acquisizione delle re-gole. In qualsiasi tipo di sport vi è un insieme di regole che vanno rispettate al fine di garan-tire la conduzione di un gioco leale e paritario. L’atleta deve quindi sottostare a queste norme scritte per giungere alla realizzazione dell’obiettivo personale in caso di sport individuale, o collettivo, in caso di sport di squadra. Accettare le regole che vengono imposte da ogni disciplina significa anche accettare il giudizio dell’altro, acconsentire al sacrificio imposto dagli allenamenti e impegnarsi nel non utilizzo di sostanze contrarie all’etica sportiva. Vi è poi un insieme di regole non scritte che sanciscono la corretta e rispettosa convivenza con le persone che partecipano alla vita sportiva dell’atleta. Praticare uno sport consente alle persone con disabilità, in modo particolare ai soggetti con deficit mentale, di capire e poi apprendere queste regole di vita che sono fondamentali nella comunità. L’atleta impara a rispettare compagni, allenatori e avversari, a impegnarsi negli allenamenti come in partita, per il raggiungimento di un obiettivo, e a essere puntuale e leale.

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La prima edizione riconosciuta delle paralimpiadi si disputò in Italia nel 1960

Credits: thearkivtimes.org

Un’attenzione particolare va riservata alla pratica degli sport di squadra e ai frutti che da tale attività potrebbero essere colti. Per parlare di sport di squadra è fondamentale far riferimento al concetto di gruppo. Il gruppo può essere definito come un insieme non casuale di persone con bisogni, motivazioni e valori condivisi, che si trovano in una relazione di interdipendenza

positiva le une con le altre per il raggiungimento di uno scopo comune. Essere in interdipen-denza positiva significa che ogni membro del gruppo dipende da un suo compagno e al tempo stesso costituisce per lui una risorsa. Per una persona con disabilità far parte di una squadra rappresenta un’enorme soddisfazione perché fa leva sulla sua necessità di sentirsi accettata e inserita in una realtà sociale. All’interno della squadra si percepisce un forte calore e un forte senso di appartenenza e si sperimenta in prima persona cosa vuol dire aiutarsi reciprocamente per il raggiungimento di una meta comune. Il soggetto disabile sente che l’aiuto dei compagni e dell’allenatore è fondamentale per la gioia di una vittoria e capisce che è indispensabile che anche lui si dedichi completamente all’aiuto dei compagni, uscendo da una dimensione egocentrica.

Dott. Eros Vallenari

Bibliografia 
Sørensen, M. (2003). Integration in sport and empowerment of athletes with a disa-bility. European Bulletin of Adapted Physical Activity, 2(2), 1-15. 
Cottini, L. (2007). Tempo libero, integrazione e qualità della vita per la persona con disabilità mentale: il ruolo della pratica sportiva. L’integrazione scolastica e so-ciale, 6(4), 314-319. 
Sitografia 
http://www.stateofmind.it/2017/05/empowerment-sport-disabilita/